80 anni fa oltre 500 morti sul treno 8017
Ottant’anni fa, nella notte tra il 2 e il 3 marzo 1944, durante la Seconda Guerra Mondiale, il treno merci 8017, destinato a trasportare legname da utilizzare nella ricostruzione dei ponti distrutti dal conflitto, partì da Napoli con destinazione Potenza. Era un convoglio molto lungo, trainato da due locomotive, sul quale salirono centinaia e centinaia di passeggeri clandestini, in fuga dalle città colpite dai bombardamenti aerei inglesi. Con oltre 600 tonnellate di peso, il convoglio, dopo aver sostato 38 minuti a Balvano, si inoltrò lentamente nella galleria delle Armi: una stretta e poco ventilata galleria, tra Balvano e Bella-Muro Lucano. A causa del peso eccessivo del convoglio, determinato dalla presenza dei clandestini, le locomotive slittarono sulle rotaie umide e il convoglio si fermò nella galleria. I gas tossici sprigionati dal carbone che alimentava le locomotive fecero perdere i sensi alle persone, che morirono per asfissia da monossido di carbonio.
Un tragico bilancio
Il bilancio fu tragico, e tutt’oggi resta incerto: 501 passeggeri, 8 militari e 7 ferrovieri morti. Secondo alcune ipotesi, i decessi furono più di 600, dato che molte vittime non vennero riconosciute. I morti furono tutti allineati sulla banchina della stazione di Balvano e poi sepolti senza funerali nel cimitero del paesino, in quattro fosse comuni.
Le indagini
Le indagini fecero emergere una serie di cause che probabilmente contribuirono alla catastrofe: la giornata poco ventosa, motivo per il quale la galleria non godeva della sua ventilazione naturale; il sovraccarico del treno; il problema dei binari bagnati dall’umidità, che resero praticamente impossibile per le locomotive percorrere quelle rotaie. Inoltre, secondo alcune fonti, la mancanza di intervento tempestivo delle autorità ferroviarie e la manutenzione inadeguata delle infrastrutture aggravarono ulteriormente la situazione. La responsabilità maggiore venne però imputata alla scarsa qualità del carbone fornito dal Comando Militare Alleato, inferiore a quello tedesco usato in precedenza, che rendeva poco affidabile il tiraggio dei fumi ostruendo le tubature della caldaia.
Di chi è la responsabilità?
La risposta a questa domanda ancora non c’è. Dopo così tanti anni la verità non è mai venuta a galla, e forse non la sapremo mai. Molti dei parenti delle vittime intentarono causa alle Ferrovie dello Stato, senza riuscire però ad ottenere giustizia. La commissione parlamentare non rilevò alcuna responsabilità per l’accaduto, che venne considerato una sciagura accaduta per cause di forza maggiore. Inoltre, le ferrovie declinarono ogni tipo di responsabilità, sostenendo che il treno non era predisposto per ospitare passeggeri. Peraltro, alcune fonti indicano che molti dei passeggeri a bordo del treno fossero in possesso di un regolare biglietto ferroviario: per molti di loro si trattava quindi di passeggeri e non di clandestini, condizione che avrebbe dato la possibilità ai parenti delle vittime di richiedere cospicui risarcimenti allo Stato. Solo molti anni dopo il Ministero del Tesoro dispose un risarcimento assimilabile a quello delle vittime di guerra.