La guerra in Ucraina farà cambiare idea sull’immigrazione?
Le Nazioni Unite hanno reso noto che dallo scorso 24 febbraio più di 4,7 milioni di persone hanno lasciato l’Ucraina a causa dell’invasione russa. Siamo di fronte al più grande flusso migratorio in Europa dal secondo dopoguerra e la guerra in Ucraina potrebbe rappresentare un punto di svolta nell’interpretazione del fenomeno dell’immigrazione, che per anni ha polarizzato il dibattito politico in Italia.
Infatti, in tutto il mondo, è in corso una vera e propria gara di solidarietà per aiutare in ogni modo possibile le persone che stanno fuggendo dalla guerra.
Le iniziative degli italiani per i profughi ucraini
Il sentimento di vicinanza ed empatia ha mosso furgoni pieni di cibo e medicinali, raccolte fondi, persone che mettono a disposizione la propria casa per ospitare donne e bambini in fuga dalla guerra, famiglie che accolgono famiglie.
Da nord a sud, gli italiani stanno dimostrando tutta la loro solidarietà verso queste persone: i volontari dell’associazione “Mano Tesa” di Marzabotto hanno aperto un emporio dove tutto è gratis (dai pannolini ai jeans) per i rifugiati ucraini; sempre a Marzabotto,una parrucchiera ha deciso di tagliare i capelli gratuitamente alle donne scappate dalla guerra. In Sicilia, le case confiscate ai boss mafiosi sono state utilizzate per ospitare i profughi ucraini.
Per la prima volta da decenni,tutti abbiamo compreso che cosa significhi nascere “dalla parte sbagliata” del mondo.
Accoglienza e discriminazione
Nonostante questa ondata di solidarietà, i media internazionali, dalla Cbs a France24 hanno riportato notizie di persone che sostenevano di essere state respinti al confine o di aver dovuto aspettare prima di salire sui treni in partenza dall’Ucraina “perché neri”: queste persone si sono sentite dire dire: “Prima i bianchi, poi voi”.
D’altronde le notizie relative alla guerra in Ucraina e alla conseguente emergenza umanitaria e migratoria sono spesso trattate dai media con frasi del tipo: “Questo non è un Paese del Terzo mondo: siamo in Europa!” oppure “L’Ucraina non è un Paese, con il dovuto rispetto, come l’Iraq o l’Afghanistan: è un Paese relativamente civilizzato, relativamente europeo, dove ci si aspetta che queste cose non avvengano”.
Anche l’Italia è stata teatro di questo genere di discriminazioni. A Palermo, due studenti universitari in fuga da Kiev, ma originari della Nigeria, sono stati rifiutati dalla persona che aveva offerto loro un alloggio, quando quest’ultima ha scoperto il colore della loro pelle: Ucraini sì, ma africani in fuga dalla guerra no.
All’origine della discriminazione
La vicinanza culturale e geografica ha probabilmente ingannato molti, che considerano “diversa” una guerra che ha conseguenze molto simili a tante altre tragedie recenti, come la guerra in Siria o l’instaurazione del regime talebano in Afghanistan. Queste ultime vicende non avevano provocato un travolgimento emotivo e mediatico paragonabile a quanto accaduto con l’Ucraina: quando le bombe colpiscono città simili alle nostre, quando a morire sono persone con cui condividiamo il colore della pelle, la religione o la cultura, allora riusciamo ad empatizzare molto di più con i profughi che scappano dalla guerra.
Sarebbe però il caso di allenare la nostra sensibilità e la nostra solidarietà anche quando le bombe non colpiscono l’Occidente.