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“La generazione ansiosa”

Mandereste mai i vostri figli su Marte? Con questa domanda provocatoria, lo psicologo statunitense Jonathan Haidt apre La Generazione Ansiosa, il suo bestseller del 2024. Un incipit che suona come un monito per i genitori di oggi, i quali, mettendo un telefono nelle mani dei propri figli sin dalla prima infanzia, finiscono per proiettarli inconsapevolmente in una realtà alternativa. La tesi di fondo del libro, infatti, è che l’avvento degli smartphone ha “riconfigurato” l’infanzia e alterato lo sviluppo umano su scala quasi inconcepibile.

La Grande Riconfigurazione dell’Infanzia

La Grande Riconfigurazione dell’infanzia teorizzata da Haidt rappresenta un vero e proprio mutamento antropologico, che sta portando alla transizione da un’“infanzia fondata sul gioco” a un’“infanzia fondata sul telefono”. Questo paradigma non riguarda esclusivamente i cambiamenti dovuti alla digitalizzazione, ma anche la disastrosa tendenza all’iperprotezione e alla limitazione dell’autonomia dei bambini nel mondo reale, provocata dalla diffusione della TV via cavo e dalla sua capacità di trasmettere notizie che terrorizzano i genitori ventiquattr’ore su ventiquattro. Il punto di svolta si verifica negli anni Dieci del ventunesimo secolo, con l’avvento dei social media e un conseguente crollo della salute mentale negli adolescenti, specialmente per quanto riguarda disturbi internalizzanti come depressione e ansia, strettamente collegati all’isolamento dell’individuo.

L’importanza del gioco

Troppo spesso dimentichiamo che “giocare è il lavoro dell’infanzia”. Già, poiché è nel gioco autonomo e senza supervisione che i bambini imparano a sopportare i lividi, gestire le emozioni, interpretare gli stati d’animo dei coetanei, fare a turno, risolvere conflitti e giocare con correttezza. L’infanzia fondata sul gioco è il modo in cui la natura configura il cervello orientato alla modalità di scoperta, attraverso la quale il bambino esplora il mondo e approccia le opportunità. Tuttavia, con gli smartphone, inibitori di esperienze per definizione, improvvisamente i bambini sono diventati “disoccupati” e si sono “settati” in modalità di difesa, al riparo da qualsiasi possibile minaccia, costantemente in allerta e in previsione di pericoli. 

Haidt ci propone una metafora perfetta per comprendere l’importanza dell’esposizione alla realtà e per spiegare il concetto di “antifragilità”, ricorrendo al legno di tensione: gli alberi esposti a forti venti da giovani, una volta cresciuti possono resistere a raffiche persino più violente; al contrario, gli alberi che sono cresciuti in una serra a volte cadono a causa del loro stesso peso prima di aver raggiunto la maturità. Dunque, dobbiamo far tornare a funzionare il “sistema immunitario psicologico” dei nostri figli.

Cosa possiamo fare

Gli smartphone sono come il cuculo, un uccello che depone le uova nei nidi di altri uccelli. L’uovo del cuculo si schiude prima degli altri e i pulcini gettano le altre uova giù dal nido, in modo da impossessarsi di tutto il nutrimento portato dall’ignara madre. Analogamente, i dispositivi elettronici, una volta che si inseriscono nella vita del bambino, scacciano via tutte le altre attività, rubandogli quel nutrimento vitale che è essenziale per la sua crescita. Per ridare ai giovani la linfa che hanno perduto, lo psicologo propone azioni collettive mirate a fermare questa deriva tecnologica: una coordinazione volontaria dei genitori per dare un telefono ai figli solo dopo la terza media (quando la parte più delicata dello sviluppo è pressoché terminata), lasciare più libertà ai bambini, implementare metodi di verifica dell’età online che siano veramente efficaci, incoraggiare scuole senza telefono e con più gioco libero, e creare quartieri a misura di bambino; in poche parole… riportare l’infanzia sulla terra.

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