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Vermicino: morto Licheri, provò a salvare Alfredino

Il 18 ottobre è morto Angelo Licheri, l’uomo che 40 anni fa fu il primo a tentare di salvare Alfredino Rampi, il bambino di soli sei anni che cadde in un pozzo situato in Via di Vermicino nei pressi di Frascati (cittadina dei castelli romani), e che morì tre giorni dopo.

La tragedia 

Il 10 giugno 1981 Alfredino e suo padre Ferdinando trascorsero del tempo a passeggio nella campagna frascatana. Venuta l’ora di rincasare Alfredino chiese a suo padre di poter continuare il cammino verso casa da solo, attraverso i prati, così Ferdinando acconsentì, ma quando quest’ultimo giunse a casa scoprì che il bambino non era mai rientrato. 

Subito scattarono le ricerche. Tutti gli abitanti del posto e le forze dell’ordine si mobilitarono insieme ai due genitori. 

Il brigadiere Giorgio Serranti, sebbene gli fosse stato detto che il pozzo in Via di Vermicino fosse coperto, pretese di ispezionarlo ugualmente e, fatta rimuovere la lamiera, infilò la sua testa nell’imboccatura, riuscendo così a udire i flebili lamenti di Alfredino. 

I primi tentativi di salvataggio 

La prima ispezione del pozzo rilevò che il bambino era bloccato a 36 metri di profondità. La voragine aveva una profondità di 80 metri e le sue pareti erano irregolari e frastagliate. 

Il primo tentativo fu ad opera di Angelo Licheri, che piccolo di statura e molto magro riuscì a calarsi ad una profondità tale da avvicinarsi ad Alfredino. Licheri tentò di allacciare l’imbracatura al bambino, ormai stremato, ma questa si aprì e nel tentativo di prenderlo per le braccia il soccorritore gli ruppe il polso. L’uomo di origini sarde, verrà ricordato per la sua tenacia e il suo coraggio, poiché rimase a testa in giù per ben 45 minuti, 20 minuti oltre la soglia massima di sicurezza per quella posizione, che lo costrinse poi a dover risalire in superficie.

Successivamente si calò nell’imboccatura una tavoletta legata a corde, allo scopo di consentire al bimbo di aggrapparvisi per sollevarlo; tale scelta si rivelò un grave errore, in quanto la tavoletta si incastrò nel pozzo a 24 metri, e non fu più possibile rimuoverla. 

Alle ore 4:00 dell’11 giugno giunse sul posto un gruppo di giovani speleologi del Soccorso alpino, che si offrirono come volontari per calarsi nel sottosuolo. Il caposquadra, e successivamente un secondo speleologo del gruppo, scesero nel pozzo tentando di rimuovere la tavoletta che era rimasta incastrata, ma fallirono entrambi.  

La decisione di scavare un tunnel parallelo al pozzo 

Si pensò quindi di scavare un tunnel parallelo al pozzo, da cui aprire un cunicolo, che consentisse di penetrare nella cavità poco sotto il punto in cui si supponeva si trovasse il bambino. 

Alle 23:00 fu autorizzato a scendere nel pozzo un volontario, Isidoro Mirabella, dal fisico minuto. Egli però non riuscì ad avvicinarsi a sufficienza al bambino anche se poté parlargli. 

Gli italiani davanti alla Tv e l’arrivo del Presidente della Repubblica 

Gli italiani erano incollati alla tv che trasmetteva in diretta le immagini da Vermicino e vivevano quei momenti con grande apprensione.

Alle 16:30 del 12 giugno giunse sul posto il Presidente della RepubblicaSandro Pertini, con l’intento di voler parlare ad Alfredino. 

Alle 19:00 il cunicolo orizzontale fu completato e il pozzo del bambino venne messo in comunicazione con quello parallelo. Tuttavia il bambino non era più nelle vicinanze del foro appena aperto in quanto, probabilmente anche a causa delle vibrazioni causate dalla perforazione, era scivolato molto più in basso, a circa 60 metri di profondità. 

Gli ultimi tentativi 

Cominciarono gli ultimi disperati interventi di soccorso di volontari giunti in massa da tutta Italia. 

Dopo che la mamma di Alfredino chiamò per molte volte invano il figlio, verso le 9:00 del 13 giugno venne calato nel pozzo uno stetoscopio, al fine di percepire il battito cardiaco del bambino.  

Non fu registrato nulla.  

Il triste epilogo 

Il decesso venne poco dopo confermato dalle riprese di una piccola telecamera calata nel pozzo che individuò il corpo ormai senza vita del bambino. 

I funerali si svolsero il 17 luglio 1981 nella Basilica di San Lorenzo fuori le mura. La salma venne trasportata da quegli stessi volontari che tentarono di salvare il bambino. 

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