Berlinguer, l’ultimo leader comunista d’Occidente
Ricorre il questo 25 maggio il centesimo anniversario della nascita di Enrico Berlinguer, una delle figure più importanti della Prima Repubblica, distintosi inizialmente nell’antifascismo sardo e successivamente segretario del Partito Comunista Italiano (PCI) dal 1972 fino al 1984. Originario di Sassari, Berlinguer svolse un ruolo fondamentale nel movimento comunista internazionale avviando il distanziamento dall’Unione Sovietica e concettualizzando un nuovo indirizzo, l’eurocomunismo. Nello scenario nazionale tentò di avviare una collaborazione con la Democrazia Cristiana ed è stato più volte definito in ambito politico come l’ultimo leader comunista dell’Occidente.
Berlinguer e l’Eurocomunismo
Con il termine “eurocomunismo” si intende una corrente ideologica e politica, ideata da Berlinguer intorno alla metà degli anni ’70, che propugnava la costruzione di una società socialista nei Paesi del capitalismo avanzato, attraverso una serie di riforme socio-economiche che dovevano rispettare le regole delle democrazie moderne: la nuova società socialista doveva essere democratica e rispettare la libertà personale. La tendenza eurocomunista ha origine dal mutamento dei rapporti tra Stati Uniti e Unione Sovietica, che volgevano ad una nuova fase di distensione, e nei grandi cambiamenti avvenuti in quegli anni; la crisi economica aveva messo a dura prova la struttura stessa dello Stato e le contestazioni operaie avevano rafforzato le forze progressiste e socialiste. L’atto che formalizzò la nascita dell’eurocomunismo fu l’incontro avvenuto nel 1977 tra i “leader” comunisti del partito italiano (PCI), spagnolo (PCE) e francese (PCF) durante il quale fu teorizzata la “nuova via” che avrebbe aperto un nuovo approccio alle idee sovietiche, con una particolare attenzione all’integrazione europea e alle regole della democrazia pluralista, operando una vera dissociazione da Mosca. Le istituzioni comunitarie furono rivalutate come unico mezzo per costruire in Europa uno spazio di coesione sociale e riequilibrio: in questa ottica il Partito comunista italiano avviò una campagna per eleggere alle prime elezioni del Parlamento europeo uno dei “padri” dell’Europa, Altiero Spinelli. Gli eurocomunisti, quindi, cercavano di costruire un’alternativa tra il comunismo sovietico e la tradizione socialdemocratica, prendendo le distanze dall’ideologia della “dittatura del proletariato” e in particolare dalla costituzione di un modello di governo monopartitico. È proprio su questa linea di pensiero che Berlinguer tentò di realizzare un governo di coalizione con la DC, attraverso il cosiddetto compromesso storico, concettualizzato in tre articoli sulla rivista “Rinascita”. L’intenzione era quella di creare uno schieramento di forze capace di far fronte ai grandi cambiamenti che stavano investendo l’Italia.
Berlinguer e la Questione Morale
Questione morale è l’espressione coniata da Enrico Berlinguer in una intervista condotta da Eugenio Scalfari su “La Repubblica” nel 1981. La spiegazione di tale espressione verrà data dallo stesso Berlinguer due anni più tardi, sempre durante un colloquio avvenuto con Scalfari, durante il quale prospettava la costruzione di un Governo “diverso”, in cui il Presidente del Consiglio potesse costruire lui stesso il Governo (dando nuovamente significato all’art. 92 della Costituzione), senza subire la presenza totalizzante dei partiti che di fatto privava di significato il ruolo del premier. Berlinguer era fiducioso che un “esempio” di questo tipo avrebbe avuto ripercussioni anche nelle amministrazioni minori. Ciò che aveva osservato Berlinguer era che i partiti avevano occupato “pezzi sempre più grandi dello Stato”, non concorrendo più agli interessi della Nazione ma solo ai propri privilegi. La questione morale fu guardata con sospetto non solo dagli avversari politici, ma anche dagli stessi compagni di partito, come Alessandro Natta, allora vice di Berlinguer, e Giorgio Napolitano, i quali vedevano tali esternazioni come l’affermazione di una presunta superiorità morale dei comunisti. La questione morale sarà portata avanti da Berlinguer fino alla fine, anche nel suo ultimo comizio a Padova del 1984, tre giorni prima di morire (l’11 giugno), rimarcando nuovamente la necessità di aprire la strada a governi che guardassero agli interessi generali della Nazione e che non fossero appesantiti dagli interessi dei partiti. La crisi della politica degli anni Novanta dovuta a “Mani Pulite” e la conseguente antipolitica dei nostri giorni è figlia della dicotomia tra politica e etica pubblica. L’eredità di Berlinguer è ancora oggi quanto mai attuale, ancorata ai legami inscindibili tra politica e morale.