Cyberbullismo, videogiochi e violenza di genere: oltre i luoghi comuni
A casa, a scuola, in vacanza e in qualunque momento della giornata, se sei vittima di cyberbullismo non c’è luogo, non c’è istante che tu possa trovare pace. Perché il cyberbullo, attraverso la rete, può raggiungerti dappertutto. Non serve essere conoscitori del web, dei social network o essere abili a navigare in internet per aver sentito almeno una volta parlare di cyberbullismo. Negli ultimi anni il fenomeno è in forte crescita e per questo desta maggiore preoccupazione.
Cyberbullismo diverso dal bullismo
Molti fanno l’errore di equipararlo al classico bullismo; esso, invece, costituisce un fenomeno del tutto nuovo, prodotto dell’era digitale in cui siamo immersi. La differenza più evidente tra bullismo e cyberbullismo risiede nella perdita della componete fisica e diretta che caratterizza la maggior parte dei classici episodi di bullismo. Le violenze e le umiliazioni sono messe in atto attraverso la diffusione in rete di video o foto imbarazzanti, pettegolezzi, minacce e derisioni. L’obiettivo è quello di denigrare e danneggiare la reputazione o le amicizie di un coetaneo, portando di fatto la vittima all’esclusione dal gruppo dei pari. Il cyberbullismo permette al molestatore di mantenere l’anonimato, proteggendo la propria identità. Egli, inoltre, non riceve il feedback immediato e tangibile della vittima, non vedendo il dolore e i danni che la propria condotta può aver causato e, di conseguenza, non coglie le conseguenze delle proprie azioni.
Il cyberbullismo nel contesto video-ludico
L’aumento dei casi di cyberbullismo e di utilizzo inappropriato del web si manifesta in tutte le sue declinazioni Social network, Twitch, Youtube, gaming online. Fino a pochi anni fa si poteva giocare ai videogiochi solo individualmente offline, ora è possibile sfidare o collaborare virtualmente con utenti sconosciuti che possono essere collegati da ogni parte del mondo. Il gaming online è oggi una realtà parallela ma coesistente in cui confluiscono tutte quelle dinamiche interpersonali che si sviluppano in ambienti più tradizionali: dalla possibilità di stabilire nuove amicizie ai rischi di incappare in momenti di violenza, di prevaricazione dell’altro. Si tratta però di fenomeni in cui il videogioco è soltanto il mezzo attraverso i quali essi prosperano, nel bene e nel male, non la causa scatenante. Troppo spesso si legge di “videogiochi che causano violenza”: è il mezzo ad essere il problema, o sono coloro che ne usufruiscono a dover essere educati e responsabili? In che modo si possono ridurre certi comportamenti? Viviamo oggi in una società in cui il progresso tecnologico non ha ancora sradicato un diffuso “snobismo” che, dopo decenni, ancora considera il videogioco un passatempo infantile, privo di stimoli culturali.
Violenza di genere: una video-giocatrice racconta
In questo ambito un aspetto di grande importanza riguarda la violenza di genere: le donne, così come tristemente capita in molti altri contesti della vita sociale di tutti i giorni, trovano nell’ambiente videoludico un contesto ancora fortemente maschilista. Questo è figlio di una percezione del videogioco come intrattenimento prettamente maschile. A tal proposito abbiamo avuto la possibilità di intervistare una giovane ragazza, vittima di cyberbullismo e violenza di genere, la quale ha preferito restare anonima.
Oggi che cosa significa per te essere donna e vittima del cyberbullismo in ambito video-ludico?
L’aver vissuto l’esperienza di essere discriminata in questo ambito mi ha portato a chiedermi perché essere donna debba essere motivo di incompetenza nel videogiocare in sé o il non essere in grado di apprezzare un videogioco basandosi sul sesso. Non mi sembra di aver mai sentito che una donna non possa essere in grado di apprezzare un libro o un film in quanto tale. Perché per il video-ludico dovrebbe essere diverso? Esistono donne che in questo ambito riescono a dare qualcosa in più. Ragionando in termini di contenuti su piattaforme come Twitch e YouTube, ci sono donne che sanno intrattenere bene un pubblico che si affeziona a loro come persone e che apprezzano il loro lavoro.
Raccontaci la tua esperienza
Più volte giocando a giochi calcistici mi sono sentita dire di lasciar perdere e di dedicarmi ad altro. Mi sono sentita dire frasi come “cosa vuoi saperne tu, vammi a preparare la cena”. Giocando con amici mi sono sentita discriminata con frasi sul trucco o l’acconciatura, il cosiddetto “Beauty-bullismo”, quella forma di discriminazione e violenza basata sul pregiudizio per il quale la donna può essere interessata soltanto a temi che riguardano la bellezza o la cura della persona.
Le discriminazioni hanno portato delle conseguenze nell’ambito privato?
Le prime volte mi sono sentita scoraggiata, demoralizzata e umiliata, e ho abbandonato i videogiochi per diverso tempo. Più avanti sono riuscita a non dare più peso a comportamenti così meschini e ingiustificati, continuando a divertirmi come desideravo. Aver subito del cyberbullismo mi ha portata a chiudermi in me stessa e ad avere problemi anche in ambito familiare.Ero arrivata a chiudermi in camera e a non parlare né con familiari, né con amici. Questo sentirmi diversa e inadeguata mi ha portata ad un brutto periodo in cui mi sono allontanata da tutto e tutti, fino ad abbandonare il gioco in multiplayer-online. Questo fortunatamente mi ha portata a scoprire tutti quei giochi in single-player che si focalizzano su una storia da raccontare e che sanno veicolare forti emozioni, che sono state in grado di aiutarmi a superare momenti difficili.
Scontro e incontro nel video-ludico: per il futuro in che modo possiamo migliorare affinché questa forma di violenza venga a cessare?
Credo sia importante che si inizi dando il giusto peso al mondo video-ludico, riconoscendolo come forma di intrattenimento alla pari di altre. Non considerarlo soltanto passatempo infantile, bensì riconoscendo il videogioco quale forma d’arte capace di raccontare storie di grande spessore culturale ed emozionale. Su questa base credo si possa affrontare più seriamente e con cognizione di causa il problema. È importante che si prenda coscienza di un mondo virtuale in cui si veicola una violenza ancora più subdola che si riversa su persone che magari hanno già grandi difficoltà. Allo stesso modo è importante che si educano i video-giocatori che popolano questi ambienti. Nelle scuole e nelle università bisognerebbe parlare di certi temi in ottica di prevenzione in merito a questi fenomeni e di aiuto indirizzato a tutti coloro che dovessero vivere situazioni di disagio derivanti dal mondo online.
Essendo una situazione psicologicamente gravosa, in che modo (eventualmente) sei riuscita a superare questa situazione di malessere?
L’aiuto di uno psicologo che ha messo in campo le sue competenze è stato fondamentale, così come il supporto di amici e familiari che hanno saputo farmi rendere conto di essere valida quanto gli altri, insegnandomi anche a evitare la parte tossica della community online e i mezzi con cui essa opera. Oggi dedico buona parte del mio tempo libero ad approfondire e nutrire questa mia passione, per dimostrare le mie potenzialità e mettermi in gioco contro altri “player”s.
A cura di Chiara Dessì e Gianluca Caravaggi