Dantedì alla LUMSA, Nembrini si racconta
Entusiasmante, coinvolgente, profondo: tre aggettivi che non descrivono solo la giornata del 24 marzo, ma anche l’esperienza di Franco Nembrini, insegnante, saggista e pedagogista, ospite alla LUMSA di Dantedì, la Giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri. Nembrini è autore di nove libri di grande successo sul poeta e del seguitissimo programma televisivo “Nel mezzo del cammin”, andato in onda tra il 2015 e il 2016. È stata la prima volta che lo scrittore si è rivolto a un pubblico universitario per descrivere la sua esperienza con la Divina Commedia, partendo da sé stesso e dal suo percorso.
La figura di Franco Nembrini
Immaginate un ragazzo di 11 anni che vive lontano da casa e che si deve adattare alle difficoltà della vita cercando lavoro pur di mangiare, con la consapevolezza di essere solo. Franco Nembrini ha dovuto vivere quella faticosa realtà: è il quarto di dieci fratelli ed è costretto a lavorare sin da piccolo; proprio per questo è accompagnato continuamente da profondi sentimenti di tristezza e malinconia. Ma, nonostante le difficoltà, Nembrini è sempre appassionato di letteratura ed in particolare di Dante; si diploma a 18 anni, insegna religione per 8 anni e, nel frattempo, riesce a laurearsi.
Ci sarà però un evento che segnerà per sempre la vita dello scrittore: il suo incontro con Dante, che cambierà la sua visione del mondo e che lo accompagnerà in tutto il suo percorso umano e professionale.
Nembrini e Dante Alighieri
«Il tema della Divina Commedia ero io»: esordisce così nel suo intervento alla LUMSA il pedagogista per introdurre il suo legame profondo ed indissolubile con Dante, ricordando l’attimo in cui, quando è ancora ragazzo, si rende conto che nelle parole del sommo poeta c’è il tormento di ogni essere umano.
Nembrini cattura l’attenzione dei presenti grazie al racconto della sua vita e delle sue esperienze nel campo dell’insegnamento; incalzato dagli studenti si sofferma sui suoi versi preferiti dell’apertura del II Canto dell’Inferno, in cui si rispecchia e grazie ai quali inizia ad interrogarsi sul suo futuro. Successivamente emoziona i ragazzi toccando punti più delicati della propria vita, paragonando la propria storia d’amore con sua moglie Grazia a quella, eterna, tra Dante e Beatrice.
Lo scrittore riesce, infine, a conciliare la realtà attuale con quella di Dante utilizzando una chiara metafora e mostrando come ci sia un dialogo continuo con il poeta: «L’Inferno sei tu e i tuoi difetti, il Purgatorio sei tu che cerchi di vincere i tuoi difetti, e il Paradiso sono io che ti amo così come sei e abbraccio il tuo male».
Tra letteratura e realtà
Il discorso di Nembrini al Dantedì si conclude con la lettera straziante di un ragazzo scritta a un compagno che ha tentato il suicidio: «Un amore per la vita mi guida, un amore che parte da una ragazza ma arriva a tutte le cose e arriva anche a te».
Il ragazzo prosegue la lettera spiegando come le letture dantesche lo abbiano segnato e che, grazie ad esse, abbia sentito nel cuore «un forte spintar» con cui riesce a vedere oltre i difetti delle persone. Nell’ultima frase della lettera, in particolare, si evidenzia un principio fondamentale della vita di tutti noi: «per quanto il percorso sia lungo, si può sempre uscire dall’Inferno a riveder le stelle»..
A cura di Martina Cannone, Ludovica Marcucci, Pietro Salvatori, Giorgio Tagliatesta, Luca Trucco