Detenute madri di figli con grave disabilità: sì alla detenzione domiciliare “speciale” senza limiti di età del figlio
È noto che la relazione madre – figlio è di fondamentale importanza per un adeguato sviluppo psico-fisico del bambino. Privare un bambino della propria madre, in quanto detenuta, costituisce indubbiamente una violazione dei suoi diritti, poiché il bambino indirettamente subisce gli effetti dell’esecuzione della pena.
Il delicato tema del rapporto tra madre detenuta e figlio è stato sempre oggetto di attenzione del legislatore, che nel corso del tempo ha predisposto norme a tutela di figli minori e figli gravemente disabili ovvero coloro che necessitano di particolare cura e della costante presenza della figura materna.
La questione è stata affrontata nuovamente di recente: nel 2019 la Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sul ricorso di una detenuta, in seguito al rigetto del Tribunale di sorveglianza di Reggio Calabria, di una sua istanza di detenzione domiciliare “speciale” ai sensi dell’art. 47-quinquies, comma 1 (Ordinamento penitenziario), proposta in funzione della cura e dell’assistenza a una figlia affetta da grave disabilità di età superiore ai dieci anni.
Nell’aprile del 2019 la Corte di Cassazione, sezione prima penale, ha sollevato dinnanzi alla Corte Costituzionale, in riferimento agli articoli 3 primo e secondo comma, e 31 secondo comma della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art 47-quinqies, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n.354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), nella parte in cui non prevede la concessione della detenzione domiciliare “speciale” anche alla condannata madre di un figlio affetto da grave disabilità.
La Corte Costituzionale ha deliberato per l’accoglimento delle questioni sollevate, dichiarando con sentenza n.18/2020 l’illegittimità costituzionale dell’art.47-quinquies, comma 1, della legge n.354 del 1975 nella suddetta parte, ritenendo dunque accessibile la detenzione domiciliare “speciale” anche alle detenute madri di figli affetti da grave disabilità, qualunque sia l’età del figlio da accudire, solo se l’interessata abbia espiato almeno un terzo della pena da eseguire (quindici anni in caso di condanna all’ergastolo) e sempre che il giudice non riscontri in concreto un pericolo per la sicurezza pubblica.
La decisione della Corte Costituzionale è stata influenzata da una precedente sentenza n.350/2003, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art 43-ter comma 1, lettera a), della legge n.354 del 1975, nella parte in cui non prevede la concessione della detenzione domiciliare ordinaria anche nei confronti della madre condannata con un figlio affetto da grave disabilità.
Nella forma speciale la misura attiene alla cura di bambini d’età inferiore ai dieci anni, senza diretta rilevanza della pronuncia additiva che aveva investito l’art. 47-ter della legge di ordinamento penitenziario. Inevitabile il richiamo alla citata sentenza n.350 del 2003: “il riferimento all’età non può assumere un rilievo dirimente, in considerazione delle particolari esigenze di tutela psico-fisica il cui soddisfacimento si rivela strumentale nel processo rivolto a favorire lo sviluppo della personalità del soggetto. La salute psico-fisica di questo può essere infatti, e notevolmente, pregiudicata dall’assenza della madre, detenuta in carcere, e dalla mancanza di cure da parte di questa, non essendo indifferente per il disabile grave, a qualsiasi età, che le cure e l’assistenza siano prestate da persone diverse dal genitore”.
La Corte Costituzionale ha ritenuto dunque, che la detenzione domiciliare “speciale” debba essere concessa anche alla madre detenuta di un figlio gravemente disabile, qualsiasi sia l’età del figlio, in virtù dell’impegno della Repubblica, sancito all’articolo 3 comma 2 Costituzione, di rimuovere gli ostacoli di ordine sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana, e di tutelare la maternità, ai sensi dell’articolo 31 comma 2 Costituzione.
La centralità dei rapporti umani, soprattutto familiari, nell’ambito della tutela dei più fragili è stata più volte ribadita nella stessa giurisprudenza costituzionale ma anche nelle fonti di produzione normativa a livello nazionale e internazionale.