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Il caso George Floyd

Otto minuti e quaranta secondi sono bastati per spegnere la vita di George Floyd, 47enne afroamericano; ma anche per far riaffiorare dubbi e perplessità sulla supremazia della polizia, che ormai ha i giorni contati.

I Fatti

George Floyd è deceduto a seguito di un fermo di polizia, sotto il ginocchio assassino di Derek Chauvin, poliziotto della città di Minneapolis, mentre era ammanettato bisbigliando la frase ormai celebre “I can’t breathe”.

Derek Chauvin, indifferente alle parole di Floyd, continuando a soffocarlo con il suo ginocchio, non ha pensato forse alle telecamere che lo riprendevano o alle sue 17 denunce per cattiva condotta e le 3 sparatorie con morto che pesavano sulle sue spalle. Probabilmente Derek Chauvin ha pensato di essere al di sopra di quello che stava accadendo, avendo la facoltà di agire in quel modo; e non sbagliava.

I precedenti

Nel 1871, con Civil Rights Act, il Congresso americano ha dato ai suoi cittadini il diritto di citare in giudizio funzionari pubblici che violano i loro diritti. Perciò, nel caso in cui un pubblico ufficiale avesse violato i diritti riportati dalla Costituzione, il cittadino poteva fargli causa. Tale legge federale venne promulgata per proteggere la minoranza afroamericana dal Ku Klux Klan, subito dopo la Guerra Civile Americana. Ma nel 1967 la Corte Suprema avanzò la teoria giuridica dell’Immunità qualificata, secondo la quale le forze dell’ordine non sarebbero state perseguite se fosse stata dimostrata la loro “buona fede” nel compiere un atto in violazione di un diritto.

La Corte Suprema dichiarò quindi che le forze di polizia fossero quasi “intoccabili” se non con delle prove a loro carico in violazione di un “diritto chiaramente stabilito”. Con questa espressione la Corte Suprema fa riferimento ad un diritto che deve già essere presente in un caso legale precedente. Deve esserci il cosiddetto “precedente” per far sì che il caso venga preso in considerazione e perché possa essere chiesto un risarcimento del danno. La maggior parte delle vittime di violenze da parte della polizia non ottiene risarcimento proprio per la mancanza di prove e per mancanza di precedenti.

Le prova video e le conseguenze

Il caso Floyd si distingue da tutti gli altri proprio per la presenza di un video inequivocabile. Un video che pone dubbi su un sistema che si dichiara equo. Il fatto ripreso dal video ha portato all’incriminazione di Derek Chauvin per omicidio volontario non premeditato con l’arresto degli altri 3 poliziotti coinvolti, accusati di complicità in omicidio volontario. Il caso Floyd ha prodotto manifestazioni in tutto il paese e anche oltreoceano, dove persone di ogni genere e etnia hanno marciato insieme per chiedere giustizia.

La violenza ha unito la nazione, a discapito della politica di Trump e dei suoi tentativi di imbarazzare ancora di più una nazione che con un grande movimento di massa sta mostrando al mondo la sua intenzione di cambiare una cultura ancora evidentemente discriminatoria e troppo indulgente verso le sopraffazione ai danni dei più deboli.

“I can’t breathe” e “Blacklivesmatter” sono le due frasi, hashtag, manifesti di cui avremmo volentieri fatto a meno, ma che sono e saranno necessari per ricordare che nessuno può e deve essere al di sopra delle legge. Neanche la polizia.

In Francia, il ministro dell’interno Christophe Castoner ha dato il via ad una riforma della polizia affinché d’ora in poi sia vietato agli agenti di polizia di immobilizzare i sospetti criminali tramite la presa al collo. In Italia non possiamo non associare il caso Floyd all’omicidio di Stefano Cucchi. La differenza evidente riguarda però la questione del razzismo.

In America il razzismo è documentato dalle indagini dell’FBI, che ci dicono che nel 2019 sono state uccise dalla polizia più di mille persone, di cui il 24% era di colore, anche se gli afroamericani rappresentano il 13% della popolazione complessiva.

In attesa di buoni coltivatori

Il mandato di Trump sta per terminare e il prossimo Presidente degli Stati Uniti d’America avrà l’obbligo di portare avanti la richiesta che da giorni avanza da ogni parte del mondo: mettere fine all’Immunità qualificata; mettere fine agli abusi da parte della polizia che dovrebbe proteggere i suoi cittadini anziché violarne i diritti. Perché questi episodi infangano inoltre il prezioso lavoro di quei poliziotti che sono davvero al servizio della comunità.

L’America, come d’altronde il mondo intero, è in attesa di un cambiamento; di persone che sappiano scendere a compromessi con le difficoltà del nostro tempo, provando a non fare quanto meno gli stessi errori del passato.

Victor Hugo nel suo romanzo “I miserabili” del 1862 scriveva: “Amici miei, tenete a mente questo: non ci sono né cattive erbe né uomini cattivi. Ci sono solo cattivi coltivatori”.

Derek Chauvin, il suo modo di pensare e quello di agire sono frutto del mondo nel quale viviamo; dell’odio e dell’indifferenza che regnano sovrani su una terra che è ancora alla ricerca dei suoi buoni coltivatori.

Francesca Oddi

Dottoressa in Giurisprudenza. Romana di nascita, ma veneziana d'adozione. Scrivo e coordino il magazine LUMSA dal primo anno di università. https://www.linkedin.com/in/francesca-oddi-134880115/

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