Il dramma dell’Odissea siriana
La crisi migratoria che si sta consumando al confine tra Grecia e Turchia, che a molti ha ricordato la cosiddetta “rotta balcanica” del 2015, è ancora lontana dal suo epilogo. Sono ancora molti i profughi che scappano dalla Siria e sono bloccati in un lembo di terra tra questi due paesi, aspettando di poter entrare in Europa. Al momento la portata del flusso non è ancora chiarissima ma molti, tra cui il ministro dell‘interno turco, sostengono che nei 120 chilometri di confine tra Grecia e Turchia vi siano più di 100 mila persone.
Nel 2016 fu stipulato un accordo – giudicato in maniera assai critica da giuristi ed esperti di diritti umani, in quanto potrebbe aver violato diverse leggi sul diritto di asilo – tra le istituzioni europee e il governo turco, secondo cui l’UE si impegnava a versare 6 miliardi di euro alla Turchia per fronteggiare il problema dei profughi e la Turchia garantiva di sorvegliare la propria frontiera con la Grecia e costruire strutture per ospitare i profughi. Fino al 2019 questo accordo ha in un certo senso funzionato, ma le cose sono cambiate il 27 febbraio 2020, quando il presidente turco Erdogan ha aperto i confini del paese ai migranti intenzionati a raggiungere l’UE. Molti hanno interpretato questa decisione di Erdogan come un modo per chiedere ancora più soldi all’UE e incrementare il sentimento anti rifugiati, diffuso molto tra la popolazione turca.
I giochi di potere di hanno forse dato vita ad una delle più importanti crisi umanitarie degli ultimi anni, a cui l’UE ha risposto dichiarando che la Grecia deve concedere il diritto d’asilo agli immigrati che tentano di entrare nel paese. Alla richiesta il Paese ellenico non ha risposto positivamente in quanto, secondo il presidente greco, in contrasto con la convezione dei diritti dell’uomo di Ginevra. Per questa motivazione il governo greco ha deciso di non aprire i confini e di rifiutarsi di esaminare le richieste d’asilo.
La zona più frequentata è quella compresa fra la città turca di Edirne e l’ansa del fiume Evros in Grecia. La situazione però sta peggiorando: non solo si soffre per la mancanza di cibo ed energia elettrica, ma da un mese parte dei migranti si sta scontrando con poliziotti e soldati greci che intendono difendere il confine. Infatti, contro i migranti sono stati lanciati gas lacrimogeni, che hanno colpito anche i bambini, e proiettili vari.
Molti sono intervenuti sul tema cercando diverse soluzioni che si potrebbero adottare, ma tutto dipende dal governo turco. Al momento l’ipotesi più valida è che la Grecia e l’UE provino a convincere la Turchia a rispettare gli accordi, nell’attesa che il flusso di profughi verso la Grecia si interrompa, una volta che i migranti sapranno che i confini europei rimarranno chiusi.
La condizione dei profughi, considerata anche l’emergenza Coronavirus, ha bisogno più che mai di essere affrontata, in quanto il costituirsi di un focolaio tra queste persone causerebbe una strage ad oggi non quantificabile. L’emergenza sanitaria che sta affliggendo il mondo, per quanto grave, non può farci dimenticare una questione tanto delicata e che richiede un intervento rapido, deciso ed efficace. Considerati gli enormi rischi che una cattiva gestione della situazione potrebbe comportare, urge moltiplicare gli sforzi fatti finora, così che si possa garantire quantomeno il pieno rispetto dei diritti umani.