“In the shadow. Women on the move”, Docufilm sulla migrazione femminile
Il 25 novembre, Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, nell’aula Teatro dell’Università LUMSA è stato proiettato il docufilm “In the Shadow. Women on the Move”, diretto da Stellamarina Donato, ricercatrice di Sociologia alla LUMSA, e Marie Ruiz, professoressa associata dell’Università Picardie Jules Verne (Amiens, Francia).
Undici donne raccontano le proprie storie per fare luce sulle sfide di genere affrontate durante l’esperienza migratoria in Europa. Le protagoniste sono molto diverse l’una dall’altra (per età, provenienza, lingua, cultura, vissuti ed esperienze), ma hanno tutte un punto di contatto: sono donne forti, mosse da un incrollabile desiderio di riscatto, dalla speranza in un futuro migliore e dalla volontà di lottare per la propria dignità e libertà. Migrare infatti non è solo un passaggio geografico, ma è innanzitutto un viaggio interiore che richiede resilienza, autodeterminazione e forza d’animo.
Tra luci e ombre
Nel documentario emerge una duplice dimensione del fenomeno migratorio vissuto attraverso gli occhi femminili. Da un lato appare il suo lato oscuro: ogni viaggio è un cammino precario verso l’ignoto, segnato dal costante rischio di naufragio e morte. Ma per le donne si aggiungono altre difficoltà: la maggior parte delle volte sono costrette a viaggiare in gravidanza, oppure insieme ai propri figli, non di rado sono vittime di violenze e abusi sessuali. Inoltre, una volta arrivate a destinazione, spesso si scontrano con una doppia discriminazione, derivata dalla loro condizione di straniere e di donne.
Dall’altro lato il processo migratorio rappresenta anche un percorso di costruzione della consapevolezza di sé: è la prova tangibile della propria forza e determinazione, in grado di decostruire i valori patriarcali e il senso di inadeguatezza femminile trasmessi in molti casi dalla cultura di riferimento. Si tratta di un vero e proprio viaggio introspettivo che per molte donne si trasforma in un processo di autotrasformazione e rinascita.
Costruire empatia e consapevolezza
Le donne si raccontano in un’atmosfera intima e profonda, in grado di trasportare emotivamente il pubblico all’interno di ciascuna storia. Sono 50 minuti intensi che lasciano in petto un vortice di emozioni, tra rabbia, tristezza, ammirazione, commozione, incredulità.
Ascoltare tali esperienze induce a riflettere su quanto siamo inconsapevoli di ciò che le migranti sono costrette ad affrontare. Una delle motivazioni potrebbe risiedere anche nel modo in cui i media costruiscono la narrazione del fenomeno migratorio, spesso fredda e distaccata: le persone diventano numeri, non si dà mai voce ai protagonisti delle vicende e fin troppo di rado ci si sofferma sul punto di vista femminile. Testimonianze di questo tipo invece sono in grado di coinvolgere, suscitare empatia e al tempo stesso informare.
Ecco allora che i social media possono giocare un ruolo fondamentale: con milioni di persone connesse, offrono un palcoscenico globale in cui le voci marginalizzate possono essere ascoltate, le storie possono essere condivise e le campagne di sensibilizzazione possono diffondersi rapidamente. È però indispensabile che ci sia un impegno collettivo per poter costruire un terreno di consapevolezza, apertura e inclusione.