L’Uomo senza volto: come l’amicizia guarisce le ferite del passato
“L’uomo senza volto”, che vede nel suo debutto alla regia l’attore Mel Gibson, è la commovente storia di un’amicizia profonda, in grado di guarire ogni ferita del passato.
L’inizio del film
La pellicola è ambientata nella regione costiera del Maine. Chuck è un ragazzo di dodici anni, insicuro e con problemi di apprendimento; vive con la madre – una donna con quattro matrimoni alle spalle – e con due sorellastre.
È stato da poco bocciato agli esami di ammissione all’Accademia Militare che suo padre, pilota dell’esercito, aveva frequentato da giovane. Un giorno, dopo un ennesimo litigio in famiglia, con un coltellino fora le gomme della macchina della madre. Alla scena assiste un uomo misterioso e repellente, dal volto gravemente sfigurato. Chuck, accorgendosi di non essere solo, scappa terrorizzato.
Scoperto tempo dopo che “l’uomo senza volto” è un ex insegnante, nonostante le numerose voci che circolano sul “mostro”, il ragazzo decide di sceglierlo come tutor. All’inizio Chuck si mostra riluttante a seguire le indicazioni del suo maestro, ma col trascorrere dell’estate inizia a innamorarsi dello studio e in particolare della geometria, della poesia e soprattutto di Shakespeare.
Le cicatrici sono il frutto di una ferita
Purtroppo i nodi vengono al pettine per entrambi, e il passato di ciascuno dei due bussa con forza alle porte del presente. Chuck dovrà fare i conti con la brutale verità sulla figura di suo padre, un uomo fragile, violento e morto a causa del suo alcolismo. Le voci di quartiere continuano a circolare: l’insegnante vedrà tornare lo spettro di un’accusa infamante di pedofilia, seguita, anni prima, all’incidente che lo aveva sfigurato e che aveva procurato la morte del ragazzo che era con lui e di cui era il tutore.
L’amicizia tra i due protagonisti viene messa duramente alla prova fino a portare il maestro a scegliere l’esilio volontario per non far soffrire ulteriormente il ragazzo.
“Ma adesso davanti a me vedo sempre un volto, laggiù oltre il muro di folla”
A motivo della profonda stima e l’affetto reciproco, i due riescono a chiarirsi prima di dirsi addio. Chuck riuscirà poi a superare l’esame di ammissione all’Accademia militare.
Anni dopo, ormai adulto, mentre festeggerà con amici e familiari il suo diploma, Chuck cercherà e troverà tra la folla un volto: il volto paterno, amico, di un uomo che da sempre aveva creduto in lui trasmettendogli un profondo amore per la giustizia e per la libertà.
La crescita come bisogno di identità
“L’uomo senza volto” affronta temi importanti intrecciati tra loro: le difficoltà che i giovani incontrano nel duro passaggio dall’infanzia all’adolescenza, l’impossibilità di esprimere il proprio dolore, il senso di inadeguatezza; e ancora: la bellezza interiore contrapposta alla mostruosità fisica, l’emarginazione del diverso, il pregiudizio, il valore della conoscenza, della libertà e della giustizia.
Tra gli assunti principali che muovono la narrazione vi è anche il tema della diversità, intesa in questo contesto come mostruosità fisica, come elemento disturbante. Tuttavia, essa esiste solo se noi la vogliamo vedere; una volta superata questa soglia, l’altro è una persona da scoprire, un universo da esplorare e forse anche da amare; l’altro diventa quindi una meravigliosa opportunità.
La pellicola non è nient’altro che il racconto della scoperta di “un volto amico tra la folla” – quello dello sfigurato McLeod – che spezzerà il cerchio di solitudine, permettendo al ragazzo di crescere e diventare un uomo, e all’insegnante di tornare ad amare.
In quanto giovani abbiamo bisogno di persone, di maestri che incarnino nella nostra vita una possibilità reale di vivere oggi la vita da uomini e che mostrino stima nei nostri confronti; in quanto uomini, abbiamo invece bisogno di sentirci amati nonostante tutte le ferite che portiamo dentro.