Oltre la protesta: il dark side dell’agricoltura intensiva
Le politiche europee, come il Nuovo Green Deal e la Politica Agricola Comune (Pac), che mirano alla neutralità climatica entro il 2050, hanno scatenato diverse proteste tra gli agricoltori. Ma cosa muove la protesta degli agricoltori?
I motivi della protesta
Queste politiche europee richiedono l’eliminazione dei pesticidi dannosi, l’aumento della rotazione delle colture, l’implementazione di nuove tecnologie e la destinazione del 25% dei terreni coltivati all’agricoltura biologica. La Pac, criticata per l’obbligo di lasciare incolto il 4% dei campi per stimolare la biodiversità, è stata temporaneamente sospesa nel 2023 a causa della crisi energetica e della guerra in Ucraina.
Gli agricoltori contestano anche la riduzione del sostegno economico dell’Europa, nonostante gli stanziamenti per l’agricoltura siano rimasti stabili. Nel febbraio 2024, l’Unione ha modificato l’obiettivo climatico per il 2040, eliminando ogni riferimento numerico per l’agricoltura, ritirando la norma sui pesticidi e interrompendo la ratifica del Mercosur.
L’agricoltura e l’inquinamento
Ma interventi per frenare lo sfruttamento intensivo della terra sono ormai indispensabili. Secondo Greenpeace, l’agricoltura contribuisce per un quarto alle emissioni globali di gas serra. Gli allevamenti intensivi, in particolare in Italia, sono una fonte significativa di inquinamento, attraverso la produzione di grandi quantità di deiezioni che emettono gas serra, come ammoniaca e metano. Nonostante esistano soluzioni per limitare l’inquinamento, come l’iniezione diretta del letame nel terreno, la copertura degli impianti di stoccaggio dei liquami e la modifica della dieta degli animali, gli allevamenti intensivi non hanno mostrato miglioramenti sotto il profilo dell’inquinamento atmosferico negli ultimi 16 anni.
Obiettivo: pratiche agricole più sostenibili
È necessario, quindi, un approccio più incisivo per affrontare l’inquinamento agricolo, implementando normative più stringenti e promuovendo pratiche agricole più sostenibili. Ma ciò rischia di mettere in crisi il settore che non sembra disposto, al momento, a cercare soluzioni alternative.
Lorenzo Urbani – Master in giornalismo della LUMSA