Cultura

Open to meraviglia: la campagna più criticata di sempre

Per chi ancora non ne avesse sentito parlare, la campagna di promozione turistica dell’Italia intitolata Italia: Open to Meraviglia, realizzata dal Gruppo Armando Testa, in collaborazione con il Ministero del Turismo, ha fatto molto discutere nelle ultime settimane. La campagna propone la Venere del Botticelli che presta il suo volto per raccontare le bellezze d’Italia, dalle grandi città più note agli angoli più nascosti dell’Italia. C’è stato chi l’ha criticata duramente e chi l’ha difesa a spada tratta. L’unica cosa certa è che sia finita al centro dell’attenzione mediatica. Proviamo, però, a soffermarci su alcune delle tante critiche e polemiche che la campagna pubblicitaria ha scatenato nei media, specie sui social. 

9 milioni di budget

Molti si sono soffermati sui costi della campagna (si è parlato di 9 milioni di euro), soprattutto dopo aver visto lo spot utilizzato per lanciare la campagna promozionale nel mondo. È vero, la cifra è alta, ma dobbiamo pensare che si tratta di una campagna che vuole uscire in 33 Paesi del mondo, per cui si deve calcolare che la maggior parte del budget servirà per l’acquisto degli spazi pubblicitari e per le spese relative alla pianificazione media in tutti i principali mercati.

Dissacrare l’arte per una pubblicità 

Decontestualizzata e incollata sul corpo di una novella Chiara Ferragni, la Venere di Botticelli, la protagonista di Open to Meraviglia, è stata secondo alcuni deturpata. Sebbene si possa di certo discutere sulla modalità scelta per realizzare la campagna pubblicitaria, dobbiamo però ricordare che l’utilizzo dell’arte nella comunicazione pubblicitaria non rappresenta di certo una novità (si pensi alla Gioconda, protagonista negli anni ’80 della campagna pubblicitaria dell’acqua Ferrarelle). Inoltre, la sensazione generale è che forse si sarebbe potuto (facilmente) fare di meglio, soprattutto dato il ruolo strategico che ricopre il turismo nell’economia del nostro Paese. 

Una grafica “perturbante”

Molti hanno poi evidenziato il fatto che l’intelligenza artificiale avrebbe probabilmente lavorato meglio e che il tutto sia stato giocato su una percezione visiva straniante. Il volto di Venere, incollato su foto repertorio di giovani donne, genera infatti, a parere di molti, un ibrido tra reale e pittorico. Si entra cioè nel campo dell’Uncanny Valley (zona perturbante), quel limbo in cui si creano immagini grottesche che generano ansia ed estraniazione.

L’approccio boomer al web

Dalla foto della campagna trasferita via WhatsApp e caricata direttamente sul sito (con conseguente problema di indicizzazione), fino alla questione del dominio non registrato in tempo e agli errori di traduzione di alcuni nomi di città (senza contare i video di repertorio girati in cantine di vino slovene e non italiane), in molti hanno evidenziato la serie di errori tecnici. Sintomo questo di una conoscenza sommaria del web e del digitale, che si rispecchierebbe anche nell’esecuzione dell’idea originaria. Forse perché gestire delle pagine social significa molto di più che pubblicare un fotomontaggio della Venere a Venezia. Pubblicare contenuti, senza curarne la narrazione, sfruttando tendenze e linguaggi adatti, non rappresenta solo un errore, ma è il punto focale dell’attuale tempesta mediatica.

Insomma la campagna Open to Meraviglia è stata per molti un’occasione mancata, perché ha lasciato spazio a una serie di stereotipi (e non solo sull’Italia), anziché promuovere il turismo e l’esperienza del viaggio in Italia (invece di soffermarsi solo sui suoi luoghi), che includesse nella narrazione i più giovani, la generazione che utilizza di più i social. Nonostante ciò, l’Armando Testa ringrazia pubblicamente, e se non è meraviglia questa.

Federica Fornari

Laureata in Grafica Editoriale. Fortemente convinta che non basti immaginare il futuro, ma che serva soprattutto progettarlo.

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