Pubblicità sui Social Network, sì o no?
Facebook ed Instagram, le due applicazioni di social network tra le più popolari ed utilizzate in tutto il mondo, inaugurano le rispettive versioni a pagamento. Ebbene sì, dal mese di novembre, in Europa, è possibile abbonarsi a Facebook e a Instagram senza pubblicità: si potrà cioè navigare sulle varie pagine, aprire foto e video, commentare, condividere, ma senza visualizzare nessun annuncio pubblicitario. Una vera svolta nel mondo della navigazione digitale, motivata dalla necessità dei social media di conformarsi alla normativa europea in tema di protezione dei dati personali degli utenti.
Meta: la nuova creatura di Zuckerberg
Quasi quattro miliardi di persone usano (o hanno usato almeno una volta nella loro vita) Facebook ed Instagram, due reti sociali gestite entrambe dalla Meta Platforms Inc. (nota più semplicemente come Meta), multinazionale statunitense nata nel 2021, il cui presidente e amministratore delegato è Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook. Meta, l’azienda di ‘tecnologia sociale’ – come lo stesso Zuckerberg l’ha definita –, ha ufficialmente dato vita al Metaverso, una nuova “realtà” in cui le persone possono immergersi in un mondo virtuale e interagire con altri utenti, grazie a degli avatar e a dei visori.
Come funziona la pubblicità sui social?
Gli iscritti alle piattaforme social (visti dalle aziende come potenziali consumatori) vengono continuamente bombardati da messaggi pubblicitari, in cui si promuovono prodotti solitamente calibrati sui loro interessi e su ciò che vorrebbero acquistare. Ma come fanno i social a conoscere i nostri gusti e i nostri interessi? Facebook e gli altri social media hanno a disposizione diverse risorse per tracciare le nostre attività online: uno di questi strumenti è, ad esempio, il cosiddetto cookie (letteralmente ‘biscotto’), una piccolissima parte di codice generata dal sito visitato, che raccoglie una serie di informazioni che possono aiutare a tracciare i gusti dell’utente.
L’insieme di attività di sponsorizzazione e di marketing che si svolgono in rete fanno parte della social advertising, una strategia di marketing digitale che sfrutta per l’appunto i social come canali per promuovere prodotti, brand o servizi. Questo tipo di pubblicità spesso però infastidisce gli utenti perché viene percepita come una forma di marketing invasiva ed aggressiva: è stato probabilmente anche questo uno dei motivi che ha spinto Meta a creare le nuove versioni dei social network a pagamento.
L’arrivo della versione a pagamento. Cosa cambia e quanto costa?
L’indiscrezione sulla versione a pagamento di Instagram e Facebook è stata anticipata dal New York Times e dal Wall Street Journal poche settimane prima del suo avvio nei paesi europei, divenuto effettivo il 6 novembre 2023. Da quel giorno gli utenti residenti nei paesi comunitari sono stati messi di fronte alla scelta (mediante un apposito messaggio) tra “continuare ad utilizzare gratuitamente i servizi con annunci pubblicitari personalizzati oppure iscriversi e non vedere più gli annunci”. Si tratta quindi, è bene ricordarlo, di un’opzione e non di un obbligo; perciò chi non la sceglie potrà continuare ad usufruire gratuitamente dei servizi alle condizioni abituali, senza differenze (secondo quanto dichiarato da Meta) sotto il profilo della sicurezza e della protezione dei dati.
Il costo dell’abbonamento è di 9,99 euro al mese per i servizi desktop o di 12,99 euro al mese su mobile IOS ed Android; inoltre, a partire dal 1° marzo 2024, per ogni account aggiuntivo presente nel Centro Account dell’utente, si applicherà rispettivamente un costo ulteriore di 6€ e di 8€.
Cosa ha spinto Meta all’abbonamento?
Meta ha dovuto adeguarsi al Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla protezione delle persone fisiche in materia di trattamento dei dati personali (GDPR), con particolare riferimento ai limiti per l’utilizzo dei dati pubblicati sui social network da parte degli utenti. L’utente che decide di sottoscrivere l’abbonamento non vedrà infatti utilizzate le sue informazioni a scopi pubblicitari.
In particolare, la svolta digitale è legata alla sentenza dell’8 dicembre del 2022 della Corte di Giustizia UE (CGUE), nella quale è stato deliberato che i dati degli utenti non possano essere sfruttati per ragioni di marketing senza specifico consenso “dato liberamente”. Inoltre, dopo una multa da 390 milioni di Euro, comminata all’azienda proprio per la questione della raccolta dei dati personali degli utenti iscritti a Facebook, Instagram, è stata proprio la CGUE, in una successiva sentenza (4 luglio del 2023), ad indicare che l’offerta di un servizio di abbonamento in Europa avrebbe potuto consentire di raggiungere questo obiettivo.
Il meccanismo che regola la pubblicità online vede le aziende finanziare Meta mediante Advertising (ADV) e, di conseguenza, la possibilità di usufruire del diritto ad utilizzare i dati degli utenti, ai quali viene concessa una navigazione apparentemente gratuita, al “solo prezzo” dei dati personali che essi stessi forniscono.
L’abbonamento conviene?
Il gruppo per i diritti sulla privacy NOYB (None of Your Business) definisce la scelta di Meta come una proposta “paga per i tuoi diritti”, ritenendo che non sia giusto pagare una specie di tassa sulla privacy. Infatti, nonostante le dichiarazioni di Meta, del tipo di “Crediamo in un Internet supportato dalla pubblicità, perché dà alle persone l’accesso a prodotti e servizi personalizzati, indipendentemente dal loro status economico…”, e, ancora, “Rispettiamo lo spirito e lo scopo di queste normative europee in evoluzione e ci impegniamo a rispettarle”, l’Organizzazione europea dei consumatori (Beuc) ritiene che il colosso americano stia violando ancora una volta le leggi europee sulla privacy, per almeno tre motivi:
- perché si ritiene che la nuova offerta sia “ingiusta ed illegale”;
- perché l’azienda potrebbe, tramite l’opzione a pagamento, continuare a raccogliere e tracciare i dati per diverse finalità;
- perché il costo elevato dell’abbonamento potrebbe costituire un deterrente per i diversi consumatori, che quindi non andrebbero a godere di una libertà di scelta.
Non è possibile stabilire in modo inequivocabile la convenienza o meno dell’abbonamento. Gli utenti sono infatti divisi tra chi, in conformità alla CGUE e EDPB (Comitato europeo per la protezione dei dati), ritiene l’alternativa a pagamento necessaria e chi, invece, come Max Scherms (fondatore di NOYB), sostiene che i diritti fondamentali “non possano essere in vendita”.