Gli scacchi, gioco millenario che non smette mai di attrarre
Gli scacchi sono un gioco antico, le cui radici risalgono al sesto secolo dopo Cristo, in India. Giunsero in Europa solo intorno all’anno mille, probabilmente grazie alla mediazione degli Arabi.
L’etimologia del termine si pensa derivi dal persiano shah “Re”, termine poi tradotto in catalano e provenzale escac.
Il gioco sarebbe nato come una simulazione di un combattimento fra due eserciti. Una leggenda narra che un uomo di nome Sessa lo abbia presentato a un principe indiano, proprio al fine di preparare al meglio le battaglie da affrontare.
Questa leggenda, seppur dubbia, fornisce degli elementi utili a comprendere l’attrazione che molte persone, ancora oggi, provano nei confronti di questo gioco.
Ogni gioco, infatti, è attraversato dalla fantasia di chi lo pratica e questo permette di immergersi in un mondo che, rompendo i confini della realtà, rende possibile immedesimarsi negli oggetti, con cui si crea un legame emotivo, tanto da non considerarli più come degli elementi separati, ma come un’estensione di noi stessi proiettata su un “pezzo di plastica”. Nel gioco dell’oca, nel Monopoli, o nel Risiko, le pedine che muoviamo siamo noi, e se accade qualche sventura al nostro “pezzo di plastica”, in fondo, ci dispiace.
Negli scacchi avviene la stessa dinamica: noi siamo il Re, il pezzo principale, e tutti gli altri pezzi si muovono per difenderlo e mangiare il Re avversario.
I motivi del loro successo millenario
Innanzitutto, la percentuale di fortuna in grado di influenzare l’esito della partita è molto bassa, se non totalmente assente: entrambi i giocatori hanno in mano il proprio destino. In secondo luogo, le regole degli scacchi, al contrario di quanto si possa pensare, sono semplici. Tuttavia, la loro semplicità genera numerose combinazioni di mosse sempre diverse che rendono il gioco avvincente. Inoltre, si tratta di un gioco facilmente applicabile a ogni contesto, per cui non è necessario disporre di tanti accessori. Per giocare a scacchi, oggi, basta accendere un telefono e connettersi a Internet, così da scontrarsi con un giocatore in qualsiasi parte del mondo. Questo, insieme alla possibilità di ottenere o perdere punti a seconda dell’esito della partita, e quindi di poter scalare la classifica dei migliori giocatori, aiuta a comprendere come mai siano un gioco molto diffuso soprattutto tra i giovani.
Gli scacchi, ancora oggi, attraggono moltissimi appassionati, ma come mai sono quasi tutti uomini?
Nonostante la loro incredibile adattabilità ai tempi moderni, gli scacchi rimangono un gioco praticato soprattutto da uomini. A livello professionistico, il divario fra uomini e donne è molto alto: 15% sono le donne che lo praticano, 85% gli uomini. Gli uomini hanno punteggi molto più alti rispetto alle donne, basti pensare che fra i primi cento giocatori al mondo, solo una è donna. Come mai?
Alla base di questa differenza potrebbero esserci delle caratteristiche individuali secondo cui l’uomo tende a ragionare attraverso schemi prettamente numerici e razionali, mentre la donna predilige un ragionamento verbale, intuitivo e affettivo. Seppure esistano evidenze scientifiche a supporto di questa tesi , si tratta però di una spiegazione approssimativa e non sufficiente a motivare un divario di genere così ampio.
Trovare una risposta precisa è complesso. Una spiegazione plausibile potrebbe individuarsi proprio nella genesi del gioco: l’origine degli scacchi come simulazione di una battaglia ha coinvolto, per ragioni storiche e culturali del tempo, soprattutto maschi, i quali hanno sempre dato una connotazione guerresca al gioco. Ciò rende gli scacchi una pratica spesso inconsciamente associata alla strategia di guerra, piuttosto che a un semplice gioco di strategia. Elemento che, forse, più di altri, potrebbe incidere in una differenza di genere così elevata.
I giocatori esperti, per lo più maschi, vedono con scetticismo una donna che si avvicina a questo gioco, poiché, implicitamente, viene richiesta non solo la pura competenza scacchistica, ma anche un’indole combattiva, che spesso si pensa appartenga solo ai maschi. Sono infatti poche le donne che frequentano scuole di scacchi e, di conseguenza, poche quelle che raggiungono livelli di professionismo