“Uno non basta”: i giovani italiani non si arrendono.
Next Generation, solo l’1% dei fondi alle politiche giovanili
“Uno non basta” è la campagna lanciata da Officine Italia e Visionary Days verso la fine dell’anno scorso ed in pochi mesi è riuscita ad arrivare nelle stanze di Palazzo Chigi. Qualche giorni fa abbiamo intervistato Carmelo Traina, presidente del movimento Visionary Days e responsabile dell’iniziativa che sta spopolando sui social e coinvolgendo sempre più giovani da nord a sud dello stivale attraverso una petizione online che ha già raggiunto 100.000 firme. La petizione ha un obiettivo molto preciso: evitare che solo l’1% dei fondi Next Generation sia destinato alle politiche giovanili. L’Italia deve investire sui giovani che sono il futuro di questo Paese messo al tappeto dalla crisi pandemica e dal dissesto finanziario.
L’intervista
Quando, come e perché nasce “Uno non basta”?
Nasce da due organizzazioni, Visionary Days e Officine Italia, che a giugno 2020 hanno attivato un processo di raccolta e sviluppo dal basso di progetti e idee dei giovani per Next Generation da proporre al Governo. Trapelate a ottobre le prime bozze del documento e i primi progetti proposti dai ministeri è apparsa evidente la mancanza totale di un progetto giovani e l’assenza delle proposte e delle urgenze che erano state raccolte. Da tutto questo, gli ultimi di dicembre, parte UNB.
Le persone che hanno partecipato alla campagna e hanno firmato la petizione, rientrano in una determinata categoria o possiamo definirlo un movimento aperto a tutti?
Hanno aderito principalmente diverse organizzazioni giovanili ma anche altri gruppi o associazioni “meno giovani”. Di fatto la campagna è aperta: ci sono delle proposte riportate in un documento super esplicativo di 18 pagine, chiunque creda siano valide e si voglia impegnare attivamente per portarle avanti è benvenuto/a.
Il 14 gennaio in tarda serata, all’improvviso compare un messaggio proiettato sulla facciata di Palazzo Chigi: “Chi non investe sui giovani non ha futuro”. Cos’è successo successivamente?
Siamo stati immediatamente convocati dal Ministro Amendola, abbiamo discusso al tavolo delle proposte e ottenuto l’impegno di avviare un tavolo tecnico per tentare integrazione con il piano ufficiale. Ad oggi è tutto bloccato causa crisi di governo, ma siamo fiduciosi.
Nelle dinamiche politiche del nostro paese, accade spesso che i partiti, nel tentativo di raccogliere quanto più consenso possibile, facciano propri movimenti popolari di vario genere nelle loro campagne elettorali. È il caso di “Uno non basta”?
Siamo stati noi stessi a cercarli, dal primo giorno, tutti senza nessuna esclusione: abbiamo necessità del loro impegno e del loro lavoro per riuscire a raggiungere l’obiettivo che ci proponiamo. Tutti si sono dimostrati aperti e con tutti stiamo lavorando, principalmente all’interno delle commissioni parlamentari. Siamo apartitici ma facciamo politica.
Cosa succederà una volta raggiunte le firme della petizione che avete lanciato?
Le cifre ci servono ad aumentare il valore delle proposte, ogni 20mila le inviamo direttamente al Presidente del Consiglio per aumentare l’efficacia del messaggio. Ci servono a chiarire che non è un problema di pochi, ma di molti e non può essere ignorato. Ad oggi siamo quasi a quota centomila.
La campagna avrà un seguito, o sarà accantonata una volta chiarita la ripartizione definitiva dei fondi del piano Next Generation?
UNB non è un movimento ma una campagna, realizzata da due organizzazioni: Visionary Days e Officine Italia. Entrambe lavorano da molto tempo ormai per tenere alta l’attenzione sul tema “giovani”, continueremo certamente a farlo: un “paese che investe nei suoi giovani” è ancora una realtà lontana, abbiamo molto lavoro da fare.